Il materiale delle corde

Le differenze tra i materiali delle corde sono più grandi delle differenze tra corde dello stesso materiale ma fabbricate in modo diverso. Le corde possono essere di budello oppure di materiali sintetici. Il budello è più morbido ma dura decisamente di meno e tende a rompersi presto. Le corde sintetiche variano le loro prestazioni in base al tipo di materiale, ma in genere sono meno morbide (meno elastiche) e più resistenti del budello.

Le corde sintetiche sono fatte di materiali plastici derivati dal petrolio, la cui chimica si basa dunque sul carbonio, come accade del resto per le racchette moderne.

Il nylon (poliammide) è il materiale più usato perché è morbido e dunque comporta una buona restituzione e un buon confort. Il nylon è alla base delle corde moderne, come la grafite è alla base delle racchette moderne.

Il poliestere è invece più rigido, rispetto al nylon ha una maggiore durabilità (resistenza alla rottura) ma perde tensione più facilmente. Il kevlar (aramide) è un materiale ancora più rigido, che perde tensione ancora più rapidamente.

Le corde in budello sono fatte anziché con materiali sintetici, con budello di manzo. Le corde in budello sono le più morbide e perdono poco in tensione, dunque sono le migliori, ma sono costose e tendono a rompersi facilmente. Inoltre esse tendono a gonfiarsi quando l’aria è umida (anche se negli ultimi anni sono stati apportati dei miglioramenti in questo senso).

elastocross babolat
Il Babolat Elastocross

Per proteggere le corde in budello esistono degli appositi “salva corde” detti “duralift”, che si mettono nelle intersezioni tra le corde, nella zona dove normalmente si colpisce la palla (dunque nel centro del piatto corde), per ridurre la frizione tra le corde.

Quando una corda rigida perde tensione, sembra perdere in potenza e può sembrare “morta” all’impatto.[1] Il poliestere è indicato per giocatori che rompono le corde spesso, oppure per i professionisti che possono cambiare le corde anche dopo pochi game, e in genere per quei giocatori che apprezzano corde rigide (magari per avere più controllo o per giocare con forti rotazioni a velocità elevate). Materiali moderni come il co-poliestere e corde che comprendono un mix di poliestere e fibre in altri materiali come il carbonio o fibre metalliche, consentono di ridurre gli svantaggi del poliestere come la perdita di tensione.

Corde di tipo diverso possono avere durezza diversa, e dunque comportarsi come corde dello stesso tipo ma di tensione diversa. In realtà corde di materiale diverso possono comportarsi in modo analogo a determinate velocità, e in modo diverso ad altre: ad esempio il budello rimane flessibile anche ad alte velocità, mentre le corde sintetiche tendono ad aumentare la rigidità quando il colpo è molto energetico.

Come accade per la tensione, il tipo di corde non influenza più di tanto la potenza, cioè la capacità di generare velocità.


Note:

[1] In realtà, come vedremo nel paragrafo “Quanto durano?”, non sembra che la perdita di tensione possa influire sulla potenza prodotta. Né è corretto considerare “morta” una corda, perché finché non si rompe una corda non perde la sua capacità di agire come un corpo elastico.

Monofilamento, multifilamento, avvolgimento

Le corde in monofilamento presentano la costruzione più semplice, essendo formate da un unico filamento; esse sono in genere le meno costose, anche se le versioni sponsorizzate e utilizzate dai campioni presentano prezzi più alti; si tratta di ottime corde, che però tendono a perdere rapidamente tensione e anche elasticità, per cui non sono in genere consigliabili agli amatori, soprattutto quelli che non rompono le corde frequentemente e dunque non le cambiano spesso. Inoltre alcuni tipi di monofilamento sono un po’ duri e dunque sono da sconsigliare per gli amatori, perché potrebbero portare alla lunga a problemi come il gomito del tennista.

Una corda in avvolgimento presenta una fibra avvolta intorno a quella principale (detta anima) per proteggerla. L’avvolgimento migliora la durata della corda, anche se il materiale avvolgente è lo stesso che quello interno. Le fibre avvolgenti proteggono la fibra principale dall’abrasione con le altre corde. L’avvolgimento può essere singolo, doppio o triplo. Più aumenta il numero di fibre avvolgenti, più diventa morbida la corda, ma anche meno resistente, perché la fibra principale diventerà più sottile (a meno che non si allarghi il calibro della corda intera), e inoltre diventeranno più sottili le fibre avvolgenti, considerando che tra una fibra e l’altra occorrerà aggiungere della resina.

Il multifilamento è un’estremizzazione di questo concetto: le fibre sono tutte avvolte tra di loro, così che la corda dura di più, perché le molte fibre presenti si danneggiano a poco a poco, e se una si danneggia, le altre sopravvivono. A parità di altre circostanze il multifilamento tende ad essere più morbido, perché le fibre non sono avvolte in linea retta e questo le rende più elastiche. Il multifilamento è in genere il tipo di corda migliore per gli amatori, anche se non costa poco come il monofilamento, e non ha una grande durata.

Le corde formate da materiali diversi (come posso essere quelle in avvolgimento e multifilamento) hanno una resistenza che è data dalla somma dei singoli materiali, perché ognuno dà il suo contributo alla capacità di resistere ad una forza senza rompersi, mentre la durezza è determinata dal materiale più duro, perché se questo si tende poco, non importa che ve ne sia un altro capace di tendersi di più.

Le corde

Incordatura racchettaQuesta guida è intesa per dare delle indicazioni sulla scelta della racchetta, per cui daremo soltanto qualche accenno relativo alla scelta delle corde. Sul mercato esistono moltissimi modelli di corde, ognuno con caratteristiche diverse.

La scelta delle corde consente di avere uno spazio di manovra per correggere eventuali squilibri nella racchetta, o comunque per trovare i migliori adattamenti per le proprie esigenze. C’è chi sostiene addirittura che le corde valgano quanto il telaio; in altre parole, la resa finale dipenderebbe al 50% dal telaio e al 50% dalle corde. Seppure questa percentuale è forse eccessiva, c’è indubbiamente qualcosa di vero.

In genere la scelta del telaio avviene in base alle proprie caratteristiche fisiche e tecniche, mentre le corde servono a compensare i suoi eventuali “eccessi” (noi comunque non consigliamo racchette “squilibrate”). Oppure si possono utilizzare le stesse corde per esaltare le caratteristiche del giocatore, ma questo viene fatto più raramente, in genere dai giocatori professionisti.

Occorre tenere presente che le differenze nel comportamento delle corde sono evidenti ad alte velocità di gioco, mentre a basse velocità esse sono ridotte.

Ricordiamo comunque che è bene far incordare la racchetta da un incordatore professionista, per evitare che vi siano degli errori nell’incordatura, che potrebbero provocare degli squilibri nelle tensioni delle corde e dunque una risposta poco prevedibile del piatto corde a seconda dei colpi.

Potenza, controllo, maneggevolezza

Concetti non scientifici

Fino ad ora abbiamo scomposto la racchetta nelle sue parti, mostrando gli effetti che esse hanno nel gioco e nel fisico di chi la utilizza, e abbiamo visto più da vicino cosa accade all’impatto tra la pallina e la racchetta, e quali eventi si verificano in termini di vibrazioni, liberazione di energia ecc.

In questa pagina passeremo rapidamente in rassegna i concetti più utilizzati nel mondo del tennis, come potenza e controllo, cercando di vedere cosa essi significhino e quali basi scientifiche abbiano. È interessante il fatto che questi concetti vengono usati nelle recensioni che compaiono nelle riviste specializzate o nei siti Internet, dando per scontato che si sappia cosa vuol dire, mentre essi sono spesso usati in modo quantomeno ambiguo, basandosi più che altro sulle sensazioni personali durante il gioco.

Infatti spesso questi concetti, a differenza delle grandezze come peso, inerzia, rigidità, non offrono parametri che sia possibile misurare, e dunque non possono essere considerati scientifici.

Potenza

Uno dei concetti usati più spesso è quello di potenza. Ma cosa si intende per potenza? Naturalmente il tennis non è uno sport come il lancio del giavellotto, dove si tratta di tirare il più forte possibile, e normalmente i giocatori non cercano la massima velocità possibile (tranne forse nella prima di servizio), per non perdere il controllo.

Marat Safin

Marat Safin con la sua Head Prestige, una racchetta che non gioca da sola…

Inoltre, una racchetta non gioca da sola, per cui questo concetto presenta l’ambiguità dovuta al fatto che la “potenza” verrà generata dal braccio che la impugna, e diversi giocatori saranno in grado di produrre risultati diversi. Dunque, anche se può sembrare banale, è bene ricordare che la potenza dipende dal giocatore, non dalla racchetta. Il fatto che la racchetta non giochi da sola, comporta poi l’altrettanto ovvia conseguenza che quello che conta non sono tanto le caratteristiche “in sé” della racchetta, ma la sua interazione con il giocatore. Per cui un giocatore potrebbe trovare più “potente” una racchetta che trova confortevole, perché tenderà a colpire più forte, anche se magari tenderà ad attribuire la maggiore potenza alla racchetta, più che alla sua interazione con essa.

Comunque, se con potenza intendiamo la capacità di una racchetta di generare la massima velocità di palla, si deve dire una cosa che può apparire sorprendente, e cioè che tutte le racchette offrono sostanzialmente la stessa potenza.

Ad esempio, è stato dimostrato che con le vecchie racchette di legno è possibile servire più o meno alla stessa velocità con cui si serve con le racchette moderne. Quello che varia semmai è la facilità con cui con queste ultime si riesce a servire trovando un buon compromesso tra potenza e controllo, facilità che consente di spingere con meno timore di sbagliare e con più successo.

A livello teorico, due grandezze che possono essere utilizzate per misurare la “potenza” di una racchetta sono il peso e l’inerzia, perché indicano la capacità della racchetta, a parità di altre condizioni, di trasferire una maggiore quantità di energia alla palla, nelle due componenti in cui può essere diviso il moto di una racchetta, cioè rispettivamente quello lineare e quello rotazionale. A parità di velocità della racchetta, sarà più potente, cioè imprimerà una maggiore velocità alla palla, una racchetta più pesante e/o dotata di maggiore inerzia. Ma è anche vero che una racchetta più leggera e/o una dotata di minore inerzia sarà più maneggevole e dunque potrà essere usata a velocità maggiori. Dunque per la maggior parte delle racchette in commercio, se si esclude quelle juniores, il peso o l’inerzia non influiscono sulla capacità di produrre potenza, anche se solo i più forti sapranno maneggiare le racchette più pesanti e quelle dotate della maggiore inerzia.

Una differenza va comunque fatta tra la prima di servizio, dove si può cercare di imprimere alla racchetta la massima velocità possibile, e gli altri colpi, dove si tende ad usare la racchetta ad una velocità controllata. Nel primo caso il peso conta meno, perché una racchetta più leggera potrà essere mossa a velocità maggiori, mentre nel secondo una racchetta più pesante può rivelarsi più potente, posto che si riesca a muoverla alla velocità a cui si è abituati. Infatti spesso i giocatori hanno un movimento “registrato” in termini di ampiezza e velocità, per cui potrebbero tendere ad usare le diverse racchette allo stesso modo, trovando pertanto più “potente” quella che meglio si confà alle loro caratteristiche, cioè la più pesante tra quelle che riescono a maneggiare con facilità (e qui torna la famosa regola di Jack Kramer…).

Vi è poi un tipo di racchette (leggere e sbilanciate verso la testa, magari rigide e dal piatto corde ampio), che viene considerato “potente”: in realtà in questo caso si vuole intendere che la racchetta è in grado di generare una discreta velocità senza grande sforzo. In questo caso più che di potenza in senso assoluto, dovremmo parlare di facilità di gioco.

Un altro concetto che può essere collegato a quello di potenza è il coefficiente di restituzione, che indica la capacità della racchetta di restituire la più alta percentuale di energia (o meglio la più alta velocità) rispetto a quella generata dall’impatto. Il coefficiente di restituzione dipende dalla rigidità del telaio, dall’ampiezza del piatto corde e (all’inverso) dallo schema di incordatura, oltre che dal punto in cui si impatta la palla.[1] Tuttavia le differenze tra le racchette in questo aspetto sono poche, per cui è ottimistico pensare di poter “tirare più forte” con una racchetta solo perché è in grado di restituire una percentuale più elevata della velocità iniziale.

Una racchetta rigida o dal bilanciamento alto avrà più che altro il centro di massima restituzione più alto e dunque sarà, a parità di altre condizioni, più “potente” nel servizio, dove si tende a colpire la palla nella parte alta del piatto corde, verso la punta;[2] oppure potrà essere “potente” nei colpi da fondo perché avrà il centro di massima restituzione più alto e dunque più vicino al centro del piatto corde, dove si colpisce la maggior parte delle volte.

Una racchetta dal piatto corde ampio avrà a parità di altre condizioni un coefficiente di restituzione più grande e un’area di buona restituzione più ampia.

Una racchetta considerata in grado di “perdonare” i colpi decentrati, sarà dotata di un’ampia area ad elevato coefficiente di restituzione, e dunque sarà dotata di un piatto corde ampio. Questa caratteristica sarà apprezzata da giocatori non esperti che tendono a colpire la con una certa frequenza la palla al di fuori dal centro del piatto corde. Noi non consideriamo comunque utile affidarsi alla capacità di “perdonare”, per cui non riteniamo consigliabile una racchetta dal piatto corde molto ampio: è preferibile cercare di migliorare il proprio stato di forma atletico (se il problema è che non si arriva in tempo sulla palla), oppure la propria tecnica, che si può sempre migliorare a tutte le età.

Una racchetta leggera, rigida e dal piatto corde ampio non può essere considerata “potente” in sé, nel senso che non sarà in grado di generare in senso assoluto velocità di palla significativamente più elevate, ma più che altro consentirà anche a chi non ha molta forza, a chi gioca con movimenti brevi e lenti e a chi spesso non colpisce la palla al centro del piatto corde (dunque a giocatori principianti o intermedi), di ottenere comunque dei colpi discreti. Per chi gioca a velocità più elevate però, una racchetta di questo tipo mostrerà tutti i suoi limiti, comportando scarso controllo ed elevato shock. Tanto è vero che i professionisti non usano questo tipo di racchette.

In sintesi, una racchetta non si sceglie per la potenza, ma per la maneggevolezza, la stabilità e la riduzione dello shock, e poi eventualmente anche per le sensazioni che dà e le esigenze di gioco personali.

 

Controllo

Anche qui come per la potenza siamo di fronte ad un concetto ambiguo. Alcune racchette vengono considerate dai tester delle riviste o dei forum come dotate nello stesso tempo di potenza e controllo, mentre in altre questi due concetti sono inversamente proporzionali.

Occorre tenere presente che la stessa racchetta può ottenere risultati diversi e dare sensazioni diverse a seconda della velocità con cui si colpisce la palla, e della velocità della palla dell’avversario.

Se per controllo si intende la stabilità all’impatto, esso è legato al peso e all’inerzia, grandezze che saranno tanto più importanti quanto più elevato è il livello di gioco e quanto più alta sarà la potenza propria e dell’avversario. Dunque i giocatori potenti usano racchette pesanti non per “tirare più forte”, ma per avere più stabilità all’impatto e dunque più controllo.

È possibile che il controllo sia legato ad un dwell time breve: in questo caso influiscono quelle grandezze che consentono di ridurre il dwell time (telaio rigido, piatto corde piccolo, schema di incordatura denso, corde rigide, spesse e dalla tensione elevata), anche se va ricordato che un dwell time breve aumenta lo shock e dunque la possibilità di infortunio.

Se invece per controllo si intende la maneggevolezza, siamo ancora una volta di fronte ad un concetto ambiguo (v. paragrafo seguente).

Babolat Racket Diagnostic Center

Il Babolat Racket Diagnostic Center

Il Babolat Racket Diagnostic Center (RDC) misura i dati di potenza e controllo mediando peso, bilanciamento, rigidità e inerzia. Poiché i valori di potenza e controllo sono indicati una scala da 1 a 100, e la somma dei due valori dà 100, si tratta di un’indicazione relativa ad una singola racchetta, e non esprime dei valori assoluti. Inoltre, essa presuppone che in una racchetta i valori di potenza e controllo siano inversamente proporzionali (se una racchetta ha più potenza, avrà meno controllo e viceversa), cosa che non è sempre vera (una racchetta più pesante esprimerà in termini assoluti sia una maggiore potenza, cioè un peso e inerzia, che un maggiore controllo, cioè una maggiore stabilità all’impatto).

 

Maneggevolezza

Qui siamo di fronte ad un concetto la cui ambiguità è legata al fatto che si può riferire alla facilità di tenere in mano e di muovere la racchetta, prescindendo dall’impatto con la pallina, oppure alla facilità di gioco, presumibilmente alla facilità con cui si riesce a produrre colpi efficaci.

Nel primo caso una racchetta sarà maneggevole se sarà leggera e/o bilanciata verso il manico (head light), e dunque dotata di un basso momento di forza e di una bassa inerzia, mentre nel secondo sarà maneggevole se avrà un’inerzia e/o un coefficiente di restituzione elevato.

È chiaro che, come per i concetti precedenti, anche questo dipenderà dal giocatore: un giocatore allenato e dotato di forza potrà trovare maneggevole una racchetta per un altro giocatore potrebbe rivelarsi proibitiva.


Note:

[1] Esso dipende anche, ma in una percentuale limitata, dalla tensione delle corde (v. pagina corrispondente) oltre che dal peso e dall’elasticità della palla. Considerando che il peso della palla varia di poco (per regolamento, da 56,7 a 58,5 grammi), ad avere una certa importanza sono le condizioni delle palle, per cui il consiglio è di non usare palle sgonfie e poco elastiche.

[2] Si fa questo sia perché colpendo più dall’alto si aumenta la probabilità di tenere la palla in campo, sia perché come abbiamo visto nel servizio la parte più potente del piatto corde è quella sopra al centro, a metà strada tra il centro e la punta.

Shock e vibrazioni

Lo shock è un contraccolpo secco, che il telaio subisce al momento dell’impatto, e che verrà poi scaricato sulla mano che tiene la racchetta. Vi sono tre tipi di shock:

  • quello dato dal brusco rallentamento, cioè dal contraccolpo che subisce la racchetta all’impatto con la pallina, per cui essa rallenta improvvisamente nel suo movimento di rotazione e traslazione in avanti. In seguito al contraccolpo la racchetta tende a ruotare intorno al suo centro di massa, generando un colpo di frusta che spinge all’indietro il manico.[1] Questa forza è legata al rallentamento del centro di massa della racchetta, a causa dell’impatto con la pallina, ed aumenta con l’aumentare della distanza tra l’asse di rotazione e il centro di massa, e dunque con il bilanciamento. Questo tipo di shock è sempre presente.
  • quello dato dalla percussione, per cui l’impugnatura subisce un contraccolpo, che può essere in avanti o indietro a seconda del punto del piatto corde in cui si colpisce la pallina. Questo tipo di shock è presente soltanto quando la pallina viene colpita al di fuori del centro di percussione.
  • e infine quello dato dalla torsione, per cui il piatto corde (e la mano con esso) subisce un contraccolpo laterale, che ricorda il movimento di una mano che gira un cacciavite. Questo tipo di shock è presente soltanto quando la pallina viene colpita al di fuori dell’asse longitudinale del piatto corde, e può essere ridotto utilizzando una racchetta dal piatto corde non troppo piccolo e dotata di una elevata flessibilità (in particolare, di una elevata flessibilità torsionale), e anche aggiungendo del peso a ore 3 e ore 9 per aumentare la polarizzazione rispetto all’asse longitudinale.

Mentre lo shock è un contraccolpo secco, le vibrazioni sono deformazioni del telaio, che vanno in direzioni opposte rispetto al punto di impatto, ed hanno una certa durata, comportando nel manico (che è quello che ci interessa perché poi tali movimenti vengono trasferiti al braccio) onde che si muovono in avanti e indietro, gradualmente più deboli. Lo shock è un contraccolpo più intenso delle vibrazioni, cioè sposta il manico in maniera più brusca e più ampia. E mentre le forze di shock possono produrre degli infortuni, le vibrazioni, meno intense, non lo fanno (o meglio, fino a questo momento non vi sono prove che lo facciano). A seconda della rigidità del telaio, a parità di altre condizioni, lo shock e le vibrazioni sono inversamente proporzionali: una racchetta più flessibile, deformandosi di più, produrrà più vibrazioni ma meno shock. Inoltre aumentando la durata dell’impatto (dwell time), la maggiore flessibilità consentirà di distribuire le forze in un periodo leggermente più lungo, riducendo ulteriormente lo shock.[2]

Cosa sono le vibrazioni

vibrazioni

L’ampiezza delle vibrazioni diminuisce nel tempo

Le vibrazioni sono dovute al fatto che dopo l’impatto con la pallina il telaio si deflette rapidamente da una parte e dall’altra. La vibrazione è un movimento in avanti e indietro che ha una durata di qualche decimo di secondo (il grosso si esaurisce in 40-50 millisecondi anche nel caso delle vibrazioni maggiori).

Quando il piatto corde e la pallina si scontrano, entrambi si deflettono. La pallina si schiaccia riducendo il suo diametro di circa la metà, per poi rilasciarsi e rimbalzare via, mentre le corde si tendono per poi spingere via la pallina come un elastico. L’impatto tra corde e pallina (dwell time) dura circa 4-5 millisecondi.[3]

A causa dell’impatto, anche il telaio si deflette, mentre nel suo complesso la racchetta è spinta all’indietro, o meglio il suo movimento di rotazione e traslazione in avanti viene bruscamente rallentato.

Dal punto dell’impatto partono delle onde che piegano il telaio, e che si dirigono in entrambe le direzioni, verso la punta e verso il manico. Teoricamente si producono infinite onde di diverso tipo, che fanno oscillare il telaio in tanti modi diversi. Ma nella realtà, poiché l’impatto tra piatto corde e pallina è relativamente lungo, esso smorza gran parte delle vibrazioni, così che l’unica frequenza di vibrazioni significativa che viene prodotta è quella fondamentale, cioè quella caratterizzata dall’ampiezza più alta e dunque più intensa.

La frequenza del modo fondamentale dipende dalla rigidità del telaio, ma anche dal suo peso, dunque ogni racchetta, come del resto ogni materiale elastico e dunque in grado di vibrare, ha una sua frequenza fondamentale (come un diapason che vibra a 440 Hz). Le racchette più rigide e leggere vibrano meno, ma vibrano a velocità più alte. Le diverse racchette costruite con i materiali attuali vibrano da circa 120 Hz (quelle più flessibili) a circa 150 Hz (quelle di media rigidità), a 200 Hz (quelle molto rigide). Le vecchie racchette di legno, più pesanti e flessibili, vibravano intorno ai 90 Hz. La frequenza in Hertz indica il numero di cicli, cioè il numero di volte che la racchetta vibra in un secondo (125 Hertz sono 125 cicli al secondo, quindi se un’onda di vibrazione dura 8 millisecondi, in un secondo riesce ad andare avanti e indietro 125 volte).

Il caso ideale: nessuna vibrazione

Il fatto che all’impatto con la pallina un telaio vibri o non vibri dipende dal punto dell’impatto stesso. Quando la palla colpisce il piatto corde in un punto della linea dei nodi, il telaio non vibra quasi per nulla. Dunque, se la palla viene colpita in un punto che non produce vibrazioni, non ci saranno sostanziali differenze tra le racchette rigide e quelle flessibili, perché non ci saranno vibrazioni sensibili.

Intensità delle vibrazioni

In tutti gli altri casi c’è una vibrazione, che diventa via via maggiore quanto più ci si allontana dalla linea dei nodi, e dunque verso il cuore e la punta della racchetta. Dunque le vibrazioni si hanno soltanto se la palla non viene colpita nel modo “giusto” o non viene centrata. Ma naturalmente non si può pensare che la palla venga colpita sempre nel punto giusto, per cui occorre tenere presenti le caratteristiche del telaio per sapere come vibra. Anche perché il punto giusto rispetto alle vibrazioni, non coincide necessariamente con quello giusto rispetto alla potenza (punto di massima restituzione), e a quello giusto rispetto alla percussione (centro di percussione). In una buona racchetta questi punti sono vicini intorno al centro, ma è ottimistico pensare che si possa non avere mai alcun tipo di vibrazione.

L’intensità delle vibrazioni è legata all’ampiezza dell’onda: le onde più intense hanno un’ampiezza più elevata. Un determinato tipo di telaio produrrà onde ad una determinata frequenza (quella fondamentale), ma di ampiezza diversa a seconda della loro intensità.

L’intensità delle vibrazioni dipende dall’intensità del colpo: più la palla viene colpita velocemente, più le vibrazioni sono elevate. Ciò fa pensare che a doversi difendere dalle vibrazioni siano soprattutto i “big hitters”, i grandi colpitori, e in generale i giocatori avanzati. Va detto che essi essendo in genere giovani e allenati, normalmente hanno meno problemi dalle vibrazioni dell’impatto, ma certamente con l’età molti giocatori possono mantenere un’ottima potenza e un ottimo livello di gioco, senza essere necessariamente in grado di recuperare e/o di sopportare lo stress fisico come accadeva da ragazzi.

A parità di velocità del colpo, l’intensità delle vibrazioni dipende poi dalla sua collocazione nel piatto corde, dal tipo di telaio e dalle corde.

Come abbiamo visto, l’intensità delle vibrazioni è minima se la palla viene colpita in prossimità del nodo, mentre è elevata se viene colpita verso il cuore o la punta.

Per quanto riguarda il telaio, contano la sua rigidità e la distribuzione del peso.[4]

Le vibrazioni sono legate anche alla tensione delle corde: una racchetta incordata a tensioni elevate vibrerà più di una incordata a tensioni basse. Dunque l’effetto della tensione delle corde è l’opposto rispetto a quello della rigidità del telaio.

Le più alte vibrazioni si avranno dunque con un telaio flessibile e incordato a tensioni elevate, mentre le minori si avranno con un telaio rigido incordato a tensioni basse.

Le vibrazioni delle corde

gommino-djokovic

Novak Djokovic usa il gommino antivibrazioni.

Se è vero che la pallina è in grado di smorzare gran parte delle vibrazioni del telaio esclusa quella fondamentale (almeno quando l’impatto avviene al centro del piatto corde ed è sufficientemente lungo), la stessa cosa non si verifica per le corde, che dunque tendono a vibrare in maniera caotica. Ciò accade perché la pallina non impatta tutte le corde, e dunque non riesce a smorzare tutte le loro vibrazioni.

Le corde vibrano a frequenze che variano dai 400 ai 600 Hertz a seconda della tensione delle corde, dunque a frequenze più elevate rispetto al telaio, ma ad energia minore. Le vibrazioni delle corde sembrano però più rumorose perché l’orecchio umano è più sensibile per i suoni prodotti dalle vibrazioni a frequenze elevate. Inoltre le vibrazioni del telaio durano meno (circa 3 decimi di secondo) di quelle delle corde (che durano circa un secondo), per cui il giocatore si accorge di esse anche se sono meno energetiche.

Le vibrazioni delle corde hanno un impatto sulle sensazioni di gioco, e possono essere più o meno apprezzate, ma non hanno effetti reali sulla velocità e la traiettoria della pallina. Il gommino antivibrazioni è in grado di smorzare leggermente la vibrazione delle corde e anche il suono da esse prodotto.

Infortuni

gomito-tennistaEscludendo i traumi, gli infortuni tipici del tennis sono dovuti al ripetersi di colpi in cui si genera ogni volta uno shock, per quanto limitato. Come abbiamo visto, vi sono tre tipi di shock, uno dei quali (quello dovuto al brusco rallentamento che porta una compressione dei muscoli e dei tendini di tutto il complesso mano-braccio-spalla) è sempre presente. Lo shock aumenta utilizzando racchette leggere e rigide.

Le vibrazioni del telaio, e tantomeno quelle delle corde, non causano infortuni, anche se possono essere percepite come fastidiose. Una volta però che si siano manifestati dei dolori come ad esempio il gomito del tennista, sintomo di una qualche forma di tendinopatia, è possibile che le vibrazioni possano contribuire ad aggravare il quadro. Per cui, se è vero che in generale gli infortuni si prevengono limitando lo shock e non le vibrazioni, è possibile che anche la limitazione delle vibrazioni, utilizzando dispositivi specifici nell’attrezzo o nel braccio, possa essere utile per evitare un aggravamento dei sintomi. Anche l’uso di corde poco tese e di palle nuove può essere utile per rendere meno duro l’impatto.

Per evitare gli infortuni, comunque, è utile non stringere il manico troppo forte. Il movimento deve essere fluido e ampio, in particolare occorre fare caso al finale, che deve essere ampio con il gomito che finisce ben davanti al corpo. L’esistenza di un finale pronunciato è la prova che i muscoli non sono stati eccessivamente contratti.

Shock e fatica

Come abbiamo visto, intendiamo per shock i contraccolpi a muscoli, tendini e articolazioni, dati dall’impatto della racchetta con la pallina. Questi contraccolpi a lungo andare possono portare a infortuni più o meno gravi, ma possono essere minimizzati da una scelta corretta dell’attrezzo.

L’affaticamento è invece dovuto al semplice tenere in mano e manovrare la racchetta. Quando la racchetta è tenuta in posizione orizzontale, essa viene spinta verso il basso dall’attrazione gravitazionale, e tale spinta è tanto maggiore quanto più è elevato il momento della forza, che è legato al peso, al bilanciamento e alla lunghezza del telaio. Anche per questo i giocatori tengono la racchetta con entrambe le mani in risposta e durante gli scambi, mentre nelle pause tra un colpo e l’altro la tengono in posizione verticale e con la mano che non gioca il dritto (ad esempio i mancini la tengono con la mano destra). Quando la racchetta è tenuta in movimento per eseguire i colpi, viene spinta verso l’esterno dalla forza centrifuga.

Sensazioni e comfort

I fattori che influiscono sulle sensazioni che si provano nell’usare una racchetta sono diversi ed hanno un’influenza reciproca.

Shock (peso, bilanciamento, inerzia ecc.)

– Vibrazioni (rigidità), deflessione del telaio e tipo di deflessione

– Corde, tipo di corde, loro tensione, schema di incordatura

– Uso del gommino

– Velocità di impatto (una stessa racchetta usata a velocità diverse dà sensazioni diverse).

Una racchetta leggera e dal piatto corde ampio può sembrare confortevole a basse velocità, ma alle velocità dei professionisti può sfarfallare e perdere il controllo.

Viceversa una racchetta pesante e dal piatto corde ridotto può sembrare inutilmente difficile e spartana, ma ad un alto livello di gioco si rivelerà sorprendentemente precisa.


Note:

[1] Alcuni studi hanno tentato di mostrare che le racchette head heavy aumentano la stabilità rispetto al brusco rallentamento, perché aumentando il peso in testa si aumenterebbe la polarizzazione della racchetta intorno al centro di massa, analogamente alla polarizzazione che si ottiene aggiungendo del perso a ore 3 e ore 9 per ridurre la torsione laterale. Ma in quest’ultimo caso si aggiunge peso in entrambe le direzioni, mentre una racchetta head heavy presenta del peso in più soltanto in una direzione, tra l’altro la peggiore perché è la più vicina al punto d’impatto.

[2] La durata dell’impatto dipende dalla velocità della palla: più la palla è veloce, più essa sarà rigida all’impatto, deformandosi meno, per cui l’impatto ad alta velocità può durare intorno ai 3,5 ms. L’impatto può invece essere prolungato fino a 6 ms utilizzando delle corde flessibili.

[3] Per prolungare il dwell time si può lavorare anche sulle grandezze legate alle corde: il dwell time è prolungato da corde a bassa tensione, di materiale flessibile, dal calibro sottile, oltre che dal piatto corde ampio e dallo schema di incordatura rado.

[4] Alcuni studi cercano di dimostrare che le racchette leggere e rigide vibrano meno e pertanto danno meno shock. Ma le misurazioni che vengono fatte per dimostrare ciò, prevedono l’impatto di una palla lanciata a bassa velocità contro una racchetta ferma, seppur libera di muoversi all’impatto. In questo modo si perde la conoscenza di quello che accade a velocità simili a quelle reali. Inoltre si ignorano le forze più grandi che sono la vera causa dello shock, e che non riguardano le vibrazioni in sé.

Lo sweetspot

I 3 sweet spots e la sweet area

aree-racchetta

Le aree della racchetta in base al comportamento all’impatto.

Nel gergo tennistico, per sweet spot si intende quella parte del piatto corde che all’impatto con la palla non dà sensazioni negative (e cioè che non comporta vibrazioni significative del telaio), e inoltre (ma i due concetti sono in realtà diversi) quella parte del piatto corde che sempre all’impatto si deflette di più, e dunque ha il massimo coefficiente di restituzione.

Nel primo caso, dal momento che non si tratta di un punto ma di un’area, sarebbe più corretto parlare di “sweet area”. Nel secondo caso, potremmo parlare di “area di massima potenza”.

1- Il centro di percussione

L’accezione corretta del termine sweet spot si riferisce a qualcosa di ben preciso, e cioè al centro di percussione, ovvero quel punto del piatto corde che quando viene colpito dalla pallina, non produce un contraccolpo nell’impugnatura. Infatti, quando la pallina colpisce il piatto corde, la racchetta viene fatta ruotare intorno a un fulcro, e se questo non corrisponde con l’impugnatura, ma si trova più in alto o più in basso, si produce un contraccolpo (o percussione) intorno alla mano o alle mani che la impugnano.

Centro di percussione nel pendolo

Il pendolo e il centro di percussione. Da Wikipedia

Semplificando un po’ le cose, la racchetta può essere paragonata ad un pendolo. Se un oggetto rigido sospeso come un pendolo riceve un colpo, esso tenderà a ruotare intorno ad un punto; la parte al di sotto verrà spinta in avanti (forza traslazionale), mentre la parte al di sopra verrà spinta all’indietro (forza rotazionale) rispetto alla direzione del colpo. Se il pendolo viene colpito in un punto specifico, detto centro di percussione, l’asse di rotazione corrisponderà con il fulcro in cui il pendolo stesso è sospeso, per cui esso non subirà contraccolpi.

La racchetta da tennis può essere trattata come un pendolo, appendendola per il manico ad un filo, e lanciandole contro una pallina da tennis in diversi punti del piatto corde, per vedere come risponde. Il centro di percussione sarà il punto in cui, se viene colpita dalla palla, il punto in cui è appesa non subisce un contraccolpo, né in avanti né all’indietro.

In realtà, nel caso della racchetta le cose sono un po’ più complicate. Nella racchetta, per evitare contraccolpi nella mano che regge la racchetta, sarebbe bene che non subisse un contraccolpo all’altezza della mano o delle mani che la tengono. L’asse di rotazione nella racchetta corrisponde a circa 7 centimetri dall’inizio del manico nel caso in cui si effettui il colpo a una mano, a circa 10 centimetri nel caso in cui si effettui il colpo a due mani, e a circa 5 centimetri nel servizio. In realtà la racchetta viene spinta e fatta ruotare utilizzando tutte le leve del corpo, e non solo il polso o le mani, per cui il suo movimento è più complesso. L’asse di rotazione prima dell’impatto si trova a 10-20 cm dall’inizio del manico, ma di fatto subito dopo il colpo l’asse di rotazione si sposta verso le mani, le quali devono contrastare il contraccolpo subito all’impatto per evitare che la racchetta fugga via.

Dunque, semplificando, se la palla viene colpita nel centro di percussione della racchetta, vi sono minime vibrazioni e non vi è alcuno shock, perché la racchetta continua a ruotare intorno alla mano come faceva prima del colpo, solo a velocità inferiore. Dunque, lo sweet spot è il punto del piatto corde in cui l’urto con la pallina non comporta un contraccolpo e dunque uno shock per le articolazioni del braccio.

Ora, se si esclude questo caso fortunato vi sono due possibilità: se la palla colpisce il piatto corde al di sotto del centro di percussione, quindi verso il manico, l’impugnatura e quindi la mano verrà “spinta indietro”. Se invece la palla colpisce il piatto corde al di sopra del centro di percussione, l’impugnatura subirà un contraccolpo nella direzione opposta della rotazione, cioè verrà “tirata in avanti” nella direzione della pallina. Dei due casi, il peggiore è il secondo perché comporta un contraccolpo maggiore, e inoltre in esso viene rallentata maggiormente la testa della racchetta, per cui il colpo sarà meno efficace. Per questo motivo, è bene che il centro di percussione di una racchetta si trovi il più in alto possibile nel piatto corde, per ridurre la percentuale di volte in cui il giocatore colpisce la palla al di sopra di esso.

D’altro canto, in una racchetta è bene che il centro di percussione si trovi all’interno dell’area di massima potenza, perché essendo la zona che dà il massimo di restituzione del piatto corde, sarà quella dove il giocatore preferirà colpire la palla. Poiché la zona di massima potenza sostanzialmente coincide con il centro dell’incordatura, lo sweetspot dovrà trovarsi all’interno di quell’area, preferibilmente nella parte alta di essa. In genere il centro di percussione si trova circa 4-5 cm sotto il centro del piatto corde. Esso tende a salire di posizione con il crescere del piatto corde e/o del centro di massa, e della rigidità del telaio.

Occorre comunque ricordare che ogni asse di rotazione ha un centro di percussione diverso, per cui se facciamo riferimento ai diversi assi di rotazione di cui abbiamo parlato in precedenza, dovremo notare come il centro di percussione per un colpo a due mani sarà leggermente spostato rispetto a quello ad una mano, che a sua volta sarà diverso rispetto a quello del servizio. Piuttosto che pretendere di colpire sempre la palla in un punto in cui non si avvertiranno contraccolpi, si può pensare di colpire il più spesso possibile in una zona in cui questi saranno limitati.

Uno sweet spot alto è favorito da un centro di massa, e dunque un bilanciamento, sposato verso l’alto. Ma una racchetta con baricentro alto come abbiamo visto avrà delle controindicazioni, per cui non è in quella direzione che conviene andare. Certamente è bene che i giocatori imparino a non colpire la palla vicino alla punta della racchetta, anche se questo è inevitabile nel servizio, perché quella zona risulta la zona più efficace per generare potenza quando si colpisce una palla sostanzialmente ferma.

E’ bene ricordare che se la palla viene colpita nel centro di percussione, si evita lo shock specifico dato dalla percussione, ma non si evita lo shock dato dal repentino rallentamento della racchetta all’impatto, che purtroppo si verifica sempre.

2- Area di massima potenza

Come abbiamo visto, nel gergo tennistico l’area del piatto corde che comporta la massima potenza viene chiamato “sweet spot”. In realtà non si tratta di un punto ma di un’area, inoltre non è nemmeno corretto chiamarla “sweet” (dolce) perché non necessariamente l’impatto con essa comporta poche o nulle vibrazioni.

L’area di massima potenza è legata al concetto di “coefficiente di restituzione”, che indica la capacità della racchetta di restituire la più alta percentuale di energia rispetto a quella generata dall’impatto.[1] Di per sé l’area del piatto corde che dà il massimo coefficiente di restituzione è quella centrale, perché è quella in cui le corde si deflettono di più, mentre la parte più “potente” della racchetta, che offre la più alta “massa efficace” è quella vicina al centro di massa (dunque vicino al cuore della racchetta); d’altro durante il gioco la parte della racchetta che presenta la maggiore velocità è quella più alta, verso la punta (tranne nel caso delle volée in cui la racchetta è quasi ferma rispetto alla palla in arrivo). Dunque per determinare l’area di massima potenza occorre considerare la velocità della racchetta nel punto di impatto, la massa efficace, e la deflessione delle corde, combinando le tre grandezze.

Ne risulta che l’area di massima potenza non è fissa, ma dipende dalla velocità con cui si colpisce la palla. Se una palla in movimento colpisce la racchetta ferma, l’area di massima potenza è vicina al cuore;[2] l’impatto in quell’area produce delle vibrazioni, per cui essa non può essere definita “dolce”. All’aumentare della velocità l’area di massima potenza procede verso il centro del piatto corde, e nei colpi da fondocampo essa si trova in genere in quella zona;[3] nel servizio, caso in cui ad essere sostanzialmente ferma è la pallina mentre la racchetta si muove alla massima velocità, l’area di massima potenza si trova all’incirca a metà strada tra il centro del piatto corde e la punta. L’area di massima potenza non raggiunge comunque mai la punta della racchetta, anche se aggiungendo del peso a ore 12 la si può spostare leggermente verso l’alto, perché nella punta le corde si deflettono troppo poco.

3- Linea dei nodi

La linea dei nodi e lo sweetspot nella racchetta

La linea dei nodi e lo sweetspot nella racchetta

Un’altra accezione di sweetspot è quella dell’area che non comporta quasi per nulla vibrazioni per il telaio. In realtà la zona che all’impatto non produce vibrazioni non è un punto né un’area, ma una linea curva, che passa per un punto dell’asse longitudinale delle corde e tocca il telaio in due posizioni intorno a ore 2 e a ore 10, detta linea dei nodi. La linea dei nodi è poco conosciuta, per cui normalmente ci si riferisce al centro del piatto corde come “area dolce” che non darebbe vibrazioni e/o sensazioni spiacevoli, il che comunque ha un senso perché se si colpisce intorno ai punti a ore 2 e ore 10 vi sarà comunque una torsione laterale, mentre nelle vicinanze del centro, anche se non si colpisce esattamente nella linea dei nodi, a causa della vicinanza con la stessa linea dei nodi ma anche con il centro di percussione, le vibrazioni e lo shock saranno contenuti.

Intorno al centro del piatto corde si troveranno dunque l’area di massima potenza, la linea dei nodi e il centro di percussione.

Come il centro di percussione, la linea dei nodi tende a salire con il crescere del piatto corde, e anche della rigidità e del bilanciamento.

4- Sweet area

Infine, il termine sweetspot può essere infine utilizzato come sinonimo di “area dolce”, per indicare l’area del piatto corde che all’impatto non comporta sensazioni negative per il giocatore. Se per sensazioni negative si intendono le vibrazioni del telaio, allora il termine diventa sinonimo di linea dei nodi che abbiamo analizzato in precedenza.

Se invece con sensazioni negative si intendono le forze che producono lo shock, il discorso è diverso. Come abbiamo visto, un certo shock è sempre presente, essendo dovuto al rallentamento della racchetta all’impatto. Quello che si può fare è ridurre o evitare lo shock dato dalla torsione e quello dato dalla percussione. Per fare questo è necessario colpire la palla intorno al centro del piatto corde. Dunque la sweet area sarà un’area di una certa dimensione intorno al centro del piatto corde. Poiché non è sempre possibile colpire la palla in quell’area, sarà utile scegliere una racchetta che comunque minimizza i diversi tipi di shock.


Note:

[1] Come abbiamo già visto, il coefficiente di restituzione è un valore compreso tra 0 (collisione totalmente anelastica per cui i due oggetti rimangono uniti dopo l’impatto) e 1 (collisione totalmente elastica senza perdita di energia e velocità). Il coefficiente di restituzione di una palla che colpisce il centro del piatto corde di una racchetta completamente immobilizzata è intorno a 0,88. Se invece la racchetta è libera di vibrare e ruotare, l’indice scende intorno a 0,4. Il coefficiente indica la differenza di velocità della palla prima e dopo l’impatto.

[2] Se la palla colpisce la racchetta ferma nella zona più alta, verso la testa, la palla non rimbalzerà per nulla. Quel punto si chiama pertanto “punto morto”. Si tratta di un esperimento che possono fare tutto facendo cadere una palla dall’alto sulla punta di una racchetta tenuta in orizzontale per la mano. Naturalmente questo vale solo se la racchetta è ferma: al servizio, il punto morto si trasforma nel punto di massima potenza!

[3] Per questo, per rispondere ad un colpo molto potente dell’avversario, può essere utile colpire la palla in un punto vicino al cuore della racchetta.

Il giro di vite

Il rallentamento improvviso non è l’unico impulso che provoca uno shock nei tendini e nelle articolazioni, ma è l’unico che si verifica sempre, anche quando la palla viene colpita al centro del piatto corde. Vediamo adesso cosa accade quando il piatto corde colpisce la palla in una posizione decentrata lungo l’asse più lungo del piatto corde. Quando ciò avviene, la racchetta all’impatto subisce un contraccolpo laterale, per cui ruota in un movimento che ricorda quello che si compie quando si avvita con un cacciavite, portando con sé la mano e l’avambraccio. Questo rapido movimento laterale di torsione a lungo andare può causare problemi al gomito.

Anche in questo caso un telaio flessibile si rivela utile poiché aumenta il dwell time, assorbendo una parte delle vibrazioni, anche se un telaio può avere una rigidità torsionale diversa, in genere inferiore, rispetto a quella longitudinale che viene misurata per fornire il livello di flessibilità.

Altri modi per ridurre la torsione laterale sono: utilizzare una racchetta dal piatto corde ampio (perché in questo modo la testa della racchetta, avendo una distribuzione del peso maggiormente polarizzata, opporrà una resistenza maggiore alla torsione), e dal peso globale elevato (perché come sappiamo una maggiore massa opporrà una maggiore inerzia).

Per ridurre gli effetti della torsione, oltre ad utilizzare un telaio nel complesso pesante (ma non sbilanciato verso la testa) e flessibile, è possibile eventualmente aggiungere delle striscioline di piombo in testa, in particolare a ore 3 e ore 9, come vedremo nella pagina sulla personalizzazione.

Alcune racchette sono poi concepite in modo da avere un profilo variabile, in modo da avere una maggiore massa in testa (ma in questo modo rischiano anche di essere più rigide in testa, riducendo in parte i benefici ottenuti per quella via).

Rotazione laterale della racchetta

Quando la palla viene colpita nella parte bassa del piatto corde, la racchetta tende a ruotare verso il basso.

Curiosità: i tennisti professionisti utilizzano a volte l’effetto della torsione per migliorare il controllo del colpo: colpendo la pallina nella parte bassa del piatto corde rispetto all’asse longitudinale, la testa della racchetta subirà una torsione tale da “ricoprire la palla” in modo da renderla più controllabile. Se invece si vuole imprimere alla palla un effetto di rotazione in topspin, è possibile colpire la palla nella parte alta del piatto corde, in modo che il successivo rotolamento della palla sulle corde non sfoci in un impatto con il telaio: in tal caso il controllo sarà dato dalla rotazione e non dalla torsione, che invece sarà in senso inverso, tendendo ad “aprire” il colpo verso l’alto.

Il brusco rallentamento e lo shock

Come abbiamo visto negli articoli precedenti, al momento dell’impatto, non solo la pallina, ma anche la racchetta subisce un contraccolpo. Questo contraccolpo comporta per la racchetta una serie di conseguenze (vibra, si deforma, ruota ecc.), che possono essere più o meno evidenti a seconda della velocità dell’impatto, del punto in cui esso avviene e del tipo di telaio e di corde usati.
In seguito all’impatto la racchetta rallenta bruscamente nel suo moto lineare verso la palla, per la conservazione della quantità di moto. Se la racchetta colpisse la palla all’altezza del centro di massa, questo sarebbe l’unico contraccolpo prodotto sul telaio, al quale si aggiungerebbe una vibrazione intorno al centro di massa. Poiché però la palla viene colpita sopra al centro di massa (che raramente si trova nel piatto corde, e comunque mai al centro di esso), avverrà anche una rotazione, per conservare il momento angolare.

Se la palla viene colpita al di fuori del centro di percussione, ci sarà anche una percussione, che può aumentare o diminuire la rotazione. Se la palla viene colpita nel centro di percussione, la percussione e la rotazione si annullano, per cui rimarrà solo il brusco rallentamento nel moto lineare. Tutti questi contraccolpi, compreso il rallentamento, che dunque è l’unico che si verifica sempre, interessano anche la zona del manico, che è quella che più ci interessa dal momento che è quella che viene impugnata dal giocatore, e su cui viene prodotto uno shock.

Lo shock

Ora, questo rallentamento della racchetta avviene troppo rapidamente perché il sistema neuro-muscolare sia in grado di adattarsi alle nuove condizioni. Accade dunque che i muscoli del braccio e della spalla responsabili della spinta impressa alla racchetta, che prima del colpo si opponevano alla forza centrifuga che la spingeva all’esterno, continuino a mantenere lo stesso livello di tensione anche nella frazione di secondo successiva all’impatto con la palla, quando ormai per contrastare la diminuita forza centrifuga della racchetta, ci sarebbe bisogno di un livello di tensione inferiore. Il risultato è che i muscoli della spalla e del braccio subiranno una repentina contrazione, e dunque uno shock.
Ora, questa repentina diminuzione della velocità della racchetta al momento dell’impatto, sarà maggiore nel caso di racchette leggere, comportando un maggiore shock alle articolazioni del polso, del gomito e della spalla.
Dal punto di vista delle forze coinvolte, l’effetto sui muscoli è tanto maggiore quanto più i muscoli sono vicini al centro di massa della racchetta, dunque esso è maggiore sul polso che sul gomito, e maggiore sul gomito che sulla spalla, anche se poi di fatto nei tennisti sono più frequenti gli infortuni al gomito, per via della maggiore delicatezza di questa articolazione, e anche per il fatto che, come vedremo, i colpi decentrati comportano un altro tipo di shock, dovuto alla torsione della racchetta, torsione che disturba in modo particolare il gomito.
Abbiamo detto che lo shock è minore se è maggiore la massa della racchetta. Visto che il peso ha un ruolo in queste circostanze, l’effetto di shock sarà legato anche alla massa del braccio, ma soprattutto della mano che impugna la racchetta; ovviamente non possiamo rendere più pesante la mano che ci ha dato Madre Natura, però ci possiamo concentrare sul braccio, dato che un braccio pesante e muscoloso offrirà una maggiore protezione dallo shock dovuto all’impatto, almeno nelle articolazioni sopra al polso. Naturalmente qui stiamo affrontando gli effetti dovuti alla sola differenza fra le racchette, ma abbiamo accennato a questo aspetto per sottolineare il fatto che un allenamento in palestra volto a rinforzare i muscoli del braccio (e in particolare dell’avambraccio, in grado di proteggere il gomito) sarà utile, anche perché con un braccio più forte sarà possibile utilizzare racchette più pesanti, raddoppiando il vantaggio.
Anche il bilanciamento della racchetta influisce sull’entità dello shock, perché come abbiamo visto nella pagina dedicato alla rotazione e alla massa efficace, l’impatto fa sì che la racchetta ruoti intorno al proprio centro di massa. All’impatto infatti la racchetta subisce una forza chiamata momento torcente, forza che tende a piegare il telaio, nella misura in cui esso è flessibile, e a trasferire un contraccolpo, un’onda che si scaricherà sul braccio che la impugna, spingendo il manico all’indietro. Quanto più il centro di massa sarà distante dal manico, tanto più questo si sposterà rispetto alla posizione che teneva prima dell’impatto, a causa della rotazione del telaio, e dunque tanto maggiore sarà il contraccolpo.

Ad influire sullo shock è poi la durata dell’impatto (dwell time). Infatti più l’impatto è lungo, minore sarà la forza che agisce nell’unità di tempo. In tal caso il rallentamento della racchetta sarà meno traumatico. Ad influire sulla durata dell’impatto sono: l’ampiezza del piatto corde, il tipo di corde e la loro tensione, e la flessibilità del telaio. Dunque, per ridurre il contraccolpo dato dall’impatto sulla racchetta è utile usare una racchetta pesante, mentre per aumentare il dwell time è utile usare una racchetta flessibile e dal piatto corde ampio, inoltre è utile montare corde morbide e a bassa tensione, in modo che il  contraccolpo si distribuisca nel tempo e dunque riducendo lo shock.
Questo naturalmente vale per quanto riguarda la riduzione dello shock dato dal brusco rallentamento della racchetta all’impatto, che però non è l’unico tipo di shock esistente, anche se è l’unico che si verifica sempre.

Rotazione e massa efficace

Fin qui ci siamo occupati di ciò che accade all’impatto lineare tra due corpi, e abbiamo trattato l’impatto tra la pallina e il piatto corde della racchetta come se fosse un impatto lineare, anche se abbiamo accennato ad alcuni aspetti legati alla rotazione della racchetta: ad esempio abbiamo accennato al concetto di massa efficace, e ai contraccolpi che subisce la racchetta.

Ora sarà bene approfondire l’aspetto legato alla rotazione: nella realtà infatti, la racchetta impatta la pallina mentre viene spinta dal braccio in un movimento di rotazione intorno ad un asse. Anche se la racchetta viene impugnata per il manico, di fatto il suo asse di rotazione è oltre il manico stesso, a circa 10-20 centimetri da esso, a seconda del tipo di colpo e dell’uso del polso.

La rotazione della racchetta ci porta ad introdurre i concetti equivalenti a quelli legati ad uno scontro frontale, per cui:

–          l’inerzia (equivalente alla massa in uno scontro frontale) viene sostituita dal momento di inerzia (I, legato alla massa ma anche alla lunghezza dell’asse di rotazione che si prende in considerazione),

–          la quantità di moto (mv) viene sostituita dal momento angolare, (Iω, dato dal momento di inerzia per la velocità angolare ω).

La rotazione della racchetta intorno al centro di massa

All’impatto con la pallina, la racchetta ruota intorno al centro di massa (CM)

Poiché la racchetta viene colpita al di fuori del suo centro di massa, la forza che agisce sulla racchetta all’impatto sarà a sua volta una forza torcente.[1] Rispetto alla pallina che subisce l’impatto, la racchetta si comporterà come un corpo dotato di massa inferiore alla sua massa effettiva, perché la forza torcente che subisce la farà ruotare intorno al suo centro di massa. Dunque la sua massa efficace sarà inferiore alla sua massa reale. Se la racchetta viene colpita dalla palla o da un altro oggetto esattamente sul suo centro di massa, essa subirà un contraccolpo che la porterà a retrocedere interamente, senza ruotare; in questo caso la massa efficace sarà l’intera massa della racchetta. Poiché però nella maggior parte delle racchette il centro di massa si trova al di sotto del piatto corde, questo evento di fatto non si verifica nel gioco del tennis; la racchetta viene colpita al di sopra del centro di massa, e ciò provoca ogni volta un contraccolpo che la farà ruotare intorno al centro di massa stesso.


Note:

[1] Anche la forza che agisce sulla pallina è una forza torcente, nella misura in cui la pallina è colpita “di striscio” in modo da generare una rotazione. Un evento analogo accade quando la pallina colpisce il suolo, dal momento che lo colpisce sempre con un certo angolo.

Cosa accade all’impatto

Questa sezione sulla fisica delle racchette non vuole essere un trattato scientifico astruso e pieno di formule, ma vuole soltanto fornire un’introduzione su ciò che accade nell’impatto tra la racchetta e la pallina, sulle forze in gioco e sulle implicazioni nei termini della scelta della racchetta.

Quando due oggetti si scontrano, si genera una forza, che tende a modificare il loro stato di moto. La forza necessaria per modificare lo stato di moto di un corpo, cioè per accelerarlo o decelerarlo, dipende dalla sua massa, secondo la famosa legge:

F = m*a

cioè la forza è uguale alla massa per l’accelerazione. Per accelerare o decelerare un corpo che ha una massa doppia di un altro, occorrerà una forza doppia.

Scontro tra oggetti, forze in campo

Nello scontro tra A e B, si genera una forza che per i due oggetti è uguale e contraria.

Quando due oggetti si scontrano, all’impatto essi sperimentano la stessa forza (sia pure in direzioni contrarie), anche se hanno masse diverse e anche se uno dei due oggetti è inizialmente fermo. Naturalmente questo accade anche nel caso dell’impatto tra la racchetta e la pallina (dunque anche nel servizio quando la pallina viene colpita sostanzialmente da ferma), anche se normalmente tendiamo a pensare alla racchetta come all’oggetto “attivo” e alla pallina come all’oggetto che “viene colpito”.[1]

Dunque i due oggetti subiscono un’accelerazione all’impatto, accelerazione che è uguale, derivando la formula precedente, a

a = F/m

cioè alla forza diviso la massa. Poiché i due oggetti sperimentano la stessa forza, l’accelerazione che subiranno sarà legata alla loro rispettiva massa, e dunque la racchetta essendo più pesante della pallina subirà un’accelerazione inferiore.

Dunque:

mr*ar = mp*ap

cioè la massa della racchetta moltiplicata per la sua accelerazione, è uguale alla massa della pallina moltiplicata per la sua accelerazione.

Collisione elastica

Se due oggetti elastici dello stesso peso si scontrano, dopo l’impatto si allontaneranno alla stessa velocità, indipendentemente dalla rispettiva velocità iniziale.

Poiché la massa della pallina è notevolmente inferiore a quella della racchetta,[2] normalmente la racchetta in seguito all’impatto rallenta soltanto la sua corsa, mentre la pallina rimbalza e torna indietro, cioè in una frazione di secondo subisce dapprima una decelerazione che la porta a fermarsi, e poi una successiva accelerazione opposta.

La velocità che avevano i due corpi al momento dell’impatto è importante, nel determinare la quantità di moto. Essa è infatti uguale alla massa per la velocità. Prima dell’impatto, i due oggetti avevano entrambi una propria quantità di moto, determinata dalla propria massa per la propria velocità. Quando i due oggetti si scontrano, entrambi cambiano la quantità di moto che avevano prima dello scontro, ma il cambiamento nella loro quantità di moto è uguale: se uno ne guadagna, l’altro ne perde. La somma della quantità di moto dei due oggetti prima e dopo la collisione resta dunque la stessa (legge della conservazione della quantità di moto).

Se due oggetti che si scontrano hanno una diversa quantità di moto iniziale (come accade normalmente per una racchetta e una pallina), si può dire che all’impatto quello dotato di maggiore quantità di moto, ne trasferisca una parte all’altro. Poiché il cambiamento nella quantità di moto dei due oggetti è lo stesso, la quantità di moto che la racchetta perde è la stessa che trasferisce alla pallina (e che dunque la pallina guadagna). Normalmente infatti la racchetta possiede una quantità di moto superiore alla pallina (potrebbe non essere così solo qualora una pallina colpisca ad alta velocità una racchetta ferma o quasi ferma).

Poiché l’impatto non è istantaneo ma ha una certa durata (circa 5 millisecondi), occorre considerare anche questo fattore, introducendo il concetto di impulso, che è dato dalla forza per il tempo della sua durata. Poiché la forza totale è la stessa, aumentando la durata dell’impatto si può diminuire la forza che agisce nell’unità di tempo. Come subivano la stessa forza ma in direzione contraria, i due corpi che si scontrano subiscono anche lo stesso impulso ma in direzione contraria.

L’energia dell’impatto e l’energia elastica

racchetta-deformazioneIntrodurre nello studio dell’impatto tra la pallina e il piatto corde il concetto di energia, ci consentirà di prendere in esame alcuni aspetti, come la presenza di una componente elastica (fondamentale per capire il rimbalzo della pallina sulle corde) e la perdita di una parte dell’energia stessa all’impatto.

Come abbiamo visto, all’impatto tra pallina e racchetta si sprigiona una forza, in grado cambiare il moto dei due corpi. L’energia è la misura di questo cambiamento.

Lo scontro tra due corpi in movimento determina la liberazione di una certa quantità di energia cinetica, che dipende dalla loro massa e dalla loro velocità (l’energia cinetica è uguale alla metà della massa per la velocità al quadrato).

Non è detto però che tutta la massa dei corpi intervenga nell’impatto. Se ad esempio un’auto non si ferma con il rosso e va ad impattare a 90° un’altra auto che passava all’incrocio, l’impatto non sarà così violento come se si trattasse di uno scontro frontale. Occorre dunque considerare soltanto la massa che effettivamente partecipa all’urto, detta massa efficace. Questo è particolarmente vero nel caso della racchetta, che è un corpo in rotazione che colpisce la pallina in un determinato punto. La massa efficace di una racchetta è circa la metà della sua massa totale se l’impatto avviene nel centro del piatto corde, mentre è circa un terzo se avviene verso la punta. Per questo, se si tiene una racchetta da 300 grammi ferma in una mano, e si lascia cadere una pallina in modo che colpisca il piatto corde verso la punta, la pallina non rimbalzerà per nulla, avendo colpito quello che viene chiamato “punto morto”: la massa efficace della racchetta in quel punto è di circa 100 grammi, e inoltre una parte dell’energia dell’impatto si perde nelle vibrazioni e nei contraccolpi che subisce il telaio, che per quel punto di impatto sono elevati, per cui il risultato sarà: zero rimbalzo.

Poiché la pallina e le corde sono materiali elastici, all’impatto essi sono in grado di conservare una certa quantità di energia cinetica, trasformandola in energia elastica che poi potrà essere restituita ai corpi che partecipano all’impatto. Il piatto corde presenta più o meno la stessa elasticità della pallina, anche se il primo all’impatto si tende e poi si rilascia, mentre la seconda si comprime e poi si espande.

Occorre però tenere presente che la collisione tra la pallina e la racchetta non è totalmente elastica, perché la racchetta non è fissa, e dunque non riesce a trasferire tutta la sua energia cinetica su di essa, come accadrebbe se la racchetta fosse fissa al suolo. Occorre dunque considerare quale parte dell’energia cinetica posseduta dai due corpi si trasforma in energia elastica, e poi quale percentuale di questa si conserva e quale viene perduta.

Il coefficiente di restituzione misura il rapporto tra la velocità che raggiunge la pallina rispetto al massimo possibile data l’energia sprigionata all’impatto, e ci offre un’indicazione sull’elasticità dell’impatto.

Se non vi fosse affatto energia elastica, il coefficiente di restituzione sarebbe uguale a 0, e dopo l’impatto in un normale colpo da fondocampo, la racchetta e la pallina viaggerebbero insieme; se invece la collisione fosse totalmente elastica,[3] il coefficiente di restituzione sarebbe uguale a 1, cioè la somma dell’energia cinetica dei due corpi che si scontrano rimarrebbe la stessa dopo l’impatto. Per un impatto pallina-racchetta il coefficiente di restituzione è effettivamente intorno a 0,4.

Il coefficiente di restituzione non dà una misura delle energie coinvolte, ma della velocità prima e dopo l’impatto. Dunque, dire che il coefficiente di restituzione della pallina in un impatto con la racchetta è di 0,4, significa che la pallina raggiungerà una velocità del 40% rispetto a quella che avrebbe ottenuto se l’impatto fosse stato totalmente elastico. Quel 60% di velocità che si perde rispetto al massimo teorico possibile, è dovuto al fatto che la collisione non è totalmente elastica, e al fatto che un parte dell’energia elastica a sua volta viene perduta, soprattutto a causa delle caratteristiche fisiche della pallina.

In termini di energia, per un impatto tra una pallina da tennis e una racchetta di 300 grammi, circa un terzo[4] dell’energia che si sprigiona all’impatto si trasforma in energia potenziale elastica, terzo che viene condiviso a metà tra le corde e la pallina (dunque, un sesto per uno), perché come abbiamo detto essi hanno più o meno la stessa flessibilità. Un terzo del totale è una quantità di energia non molto elevata, dovuta al fatto che la racchetta, seppure è impugnata dal giocatore, di fatto è libera di muoversi, perché l’energia sprigionata dall’impatto è troppo grande perché la mano del giocatore, per quanto forte, vi si possa opporre. Dunque all’impatto la racchetta si deforma, vibra, ruota ecc., e in questo modo disperde energia. Se la racchetta fosse fissa al suolo, si convertirebbe in energia elastica una parte più alta dell’energia sprigionata all’impatto, e la pallina acquisterebbe una velocità maggiore.[5]

Per quanto riguarda la parte di energia che viene perduta nello scontro tra due corpi, escludendo il caso in cui uno sia fissato al suolo o ad una parete, la sua quantità dipende dalle caratteristiche dei due corpi, dal punto di impatto, e dalla loro velocità relativa. Naturalmente la quantità totale di energia si conserva, ma una parte dell’energia cinetica si può trasformare in altre forme di energia, come il calore.

Come abbiamo accennato, anche una parte dell’energia che è stata accumulata come energia potenziale elastica nelle corde e nella pallina, viene comunque inevitabilmente persa, cioè non viene restituita, trasformandosi in vibrazioni o in calore dovuto all’attrito; nel caso dell’impatto corde-pallina, la pallina di suo perde circa il 45% dell’energia elastica (questo riguarda il modo come è stata costruita, ed è stabilito dalle regole del tennis per evitare che la pallina viaggi ad una velocità troppo elevata), mentre le corde perdono molto poco, circa il 5%. Già da questo si capisce come un cambiamento del tipo o della tensione delle corde non possa modificare di molto la velocità della palla, visto che al massimo porterebbe un cambiamento di una piccola percentuale dell’energia totale (lavorando su quel 5% che normalmente si perde, si può ottenere al massimo una riduzione della perdita di energia del 2-3%).

Dunque, in totale circa un quarto dell’energia elastica viene perduto (il 45% del sesto “appartenente” alla pallina e il 5% del sesto “appartenente” alle corde). Il quarto di energia elastica che viene perduto rappresenta un dodicesimo del totale dell’energia sprigionatasi all’impatto (infatti come abbiamo detto l’energia elastica era un terzo del totale, e un quarto di un terzo dà appunto un dodicesimo), cioè il 9%, mentre i tre quarti che non vanno perduti ma si trasmettono alla pallina, rappresentano i tre dodicesimi, cioè un quarto del totale (il 25%).

Fin qui abbiamo dato conto di quello che accade a quel terzo di energia sprigionatasi all’impatto che si era trasformata in energia elastica. Ma cosa accade ai restanti due terzi che non si erano trasformati in energia elastica? Una parte come abbiamo detto si perde nelle vibrazioni e nei contraccolpi che subisce la racchetta. La parte rimanente viene suddivisa tra la racchetta e la pallina secondo le regole generali di un impatto, che come abbiamo visto prevede la conservazione della quantità di moto. Per questo i due corpi tendono comunque a viaggiare insieme dopo l’impatto, nella direzione della racchetta, che è il corpo che prima dell’impatto possedeva la maggiore quantità di moto. Dunque la pallina dopo un urto con una racchetta tende a tornare indietro nella direzione impressa dalla racchetta, e ad una velocità che dipende da quella della racchetta, anche senza considerare l’energia elastica.

Il risultato finale è il seguente. Gli 11/12 (cioè il 91%) dell’energia totale che non sono andati perduti vengono divisi tra la pallina (77%) e la racchetta (14%). Dunque la pallina riceve circa i ¾ del totale dell’energia dell’impatto, anche se di questa solo una parte è data dall’energia elastica.[6]

La racchetta a sua volta ha perso gran parte dell’energia cinetica che possedeva prima dell’impatto, e perciò ha subito un brusco rallentamento.


Note:

[1] Per il momento considereremo la racchetta e la pallina come due oggetti che si scontrano in modo lineare.

[2] Anche se, come vedremo, ad essere decisiva per il comportamento della racchetta è la massa efficace, che dipende dal punto la palla in cui viene colpita.

[3] I termini corretti sarebbero: collisione anelastica (per indicare una collisione in cui una parte dell’energia meccanica viene dissipata); collisione elastica (per indicare una collisione in cui non viene dissipata alcuna parte dell’energia meccanica) e collisione totalmente anelastica (per indicare una collisione in cui viene dissipata la massima energia cinetica possibile).

[4] Per una racchetta più pesante la frazione di energia elastica è minore, e dunque sarà anche minore la frazione di energia che si disperde.

[5] Se si lascia cadere una pallina da tennis su un suolo di cemento da un’altezza di 2 metri e mezzo (100 pollici), essa rimbalzerà ad un’altezza che può variare da 135 a 147 cm (da 53 a 58 pollici), come stabilito espressamente dalle regole della Federazione Internazionale Tennis (ITF): il suolo è rigido e l’energia elastica sarà assorbita e restituita dalla pallina, che però è costruita in modo da disperderne circa la metà. Se essa viene lasciata cadere al centro del piatto corde di una racchetta fissa al suolo, rimbalzerà a circa 2 metri (le corde restituiscono l’energia elastica con più efficienza della pallina); se invece si lascia cadere al centro del piatto corde di una racchetta tenuta in mano e parallela al suolo, rimbalzerà di 40 cm.; se la si lascia rimbalzare verso la punta della racchetta tenuta in mano (dunque più o meno in corrispondenza del punto morto), rimbalzerà di appena 5 cm.

[6] Ovviamente si tratta soltanto di un valore indicativo. Oltre al peso della racchetta, le variazioni possono dipendere dalla velocità della racchette e della pallina.